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"Cercava
di essere un Dio,
non un regista"
(dal film "Storia immortale" di Orson Welles)
La storia del ricco mercante
di Macao che "vuol fare ciò che non può essere fatto"
finisce per fuggire al controllo dell'autore. Dietro le macchinazioni
fallite è impossibile non vedere l'ansia del creatore, simbolicamente
rivolto alla costruzione di un racconto che da leggenda divenga realtà
e per questo attento a catturare con il proprio sguardo persino ciò
che è in catturabile. Illusione suprema, perché il burattinaio
Clay non potrà mai piegare la realtà ai propri desideri
- "nessun uomo può appropriarsi di una storia e farla accadere",
recita il film - e tanto meno fermare con l'occhio - macchina da presa
il punto chiave della leggenda, incarnato qui dall'impalpabile, misterioso
archetipico incontro tra Virginia e il Marinaio. Se Picasso sosteneva
che l'Arte è un mezzo per conoscere la verità, Wellws,
al contrario, attraverso il suo alter ego Mister Clay, dichiara che questa
non è sufficiente a riprodurla.
E l'unica arma che il regista conosce per evitare la sconfitta, per
avvicinarsi almeno in parte alla realtà, è sfuggire all'idea
di compiutezza, di finito: la specificità del suo cinema è
quello di essere permeato dalla certezza che nulla può essere
davvero elaborato e raccontato e di aver conseguentemente elevato l'incompiutezza
a poetica.
Più o meno coscientemente ogni suo film è diverso da quello
che doveva essere fino all'estrema decisione di abbandonare i progetti
a metà.
"Se reciterà
una commedia con il diavolo,
è una faccenda fra loro.
A me non riguarda."
Virginia
(dal film "Storia immortale" di Orson Welles)
"Voi siete
giovani.
Avete il sonno della giovinezza,
siete agili e credete di fare di testa vostra.
Ma sbagliate.
Ogni vostro movimento
dipende unicamente dalla mia volontà.
Siete solo giovani e gioiose marionette
che danzano e guizzano a mio piacere."
Mister Clay
(dal film "Storia immortale" di Orson Welles)
I MIEI LAVORI
FILMICI
DEDICATI
ALLA POETICA DELL'INCOMPIUTEZZA
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